Il problema è questo: che parte compie il pittore nella determinazione del significato delle sue opere?
Ci sono tante teorie plausibili in circolazione che fra loro permettono che si veda quasi qualsiasi cosa in una data opera. Come possiamo decidere quale resoconto è corretto, e dobbiamo decidere?
Qui esaminerò il resoconto del significato pittorico wollheimiano, adombrato nella sua opera "Painting as an Art", in confronto a scrittori che hanno commentato direttamente o indirettamente sui concetti centrali operativi nel suo resoconto. Il principale punto di vista di contrapposizione che esaminerò sarà il resoconto semiologico di Norman Bryson. Le limitazioni dello studio è che l'argomento sarà mantenuto all'interno dei confini della pittura e dell'estetica.
Il resoconto wollheimiano è in termini della prima persona ed implica un artista che si esprime e la cui espressione può essere capita in termini della nostra compartecipazione in una natura umana universale.
Wollheim sostiene che il significato di un dipinto dipenda su una triade di fattori: primo, lo stato mentale dell'artista, secondo il modo in cui lo causa a segnare la superficie, e terzo lo stato mentale che quella superficie segnata crea in uno spettatore sensibile ed informato. Il resoconto di Bryson è invece in termini della terza persona. Ciò implica un significato tramite l'accordo intersoggettivo basato su un modello linguistico conforme a codici, regole, e convenzioni la cui comunicazione può essere capito tramite una lingua pubblica.
L'argomento è presentato in quattro sezioni:
Dipingere un quadro che porta significato è un'attività singolarmente umana. Qui viene introdotta l'analogia fra il capire gli esseri umani osservando il loro comportamento e il guardare e comprendere le opere d'arte. In questa prima sezione esamino il punto di vista di Wollheim che propone che entrambi il pittore e lo spettatore siano ruoli soddisfatti da una persona che condivide in una natura umana universale. Questa nozione è contrapposta alla persona costruita socialmente proposta dai poststrutturalisti.
In questa sezione considero la rilevanza dell'intenzione nella determinazione del significato pittorico. Ciò è esplorata contro l'asserzione che il lavoro e l'artista sono due entità separate e quindi il riferimento all'artista è irrilevante.
Per capire le opere dobbiamo guardarle? Wollheim sostiene che il dipinto rivela l'intenzione dell'artista. Esamino dunque l'asserzione che il significato di un dipinto è determinato da quello che può essere visto in esso in congiunzione ad informazioni visive e non visive. Ciò è contrapposto a due argomenti: che il vedere pittorico non è un'aspetto d'esperienza ma del consenso sociale é che la percezione visuale non può essere un fondamento sicuro su cui basare il significato pittorico.
Qui esamino il significato inteso dal pittore e l'interpretazione successiva. Il significato dipende su un accordo pubblico o sulla specifica intenzione dell'artista? Il significato è assoluto o relativo? L' argomento si centra sulla sfida proposta dal punto di vista semiotico alla nozione del significato pittorico fondata nel percettualismo.
Qual'é lo scopo dell'arte? Perché gli artisti dipingono? Ci sono molte risposte, ma una di queste deve essere perché attraverso la pittura si può esprimere qualcosa che non può essere espresso a parole.
Lo spettatore osserva l'opera in silenzio; nel santuario più intimo della suo essere. Il problema dell'interpretazione di ciò che vede diventa più complesso quando questo necessita di essere comunicato attraverso l'uso di un linguaggio che non riesce a cogliere le sfumature più fini di un sistema visivo.
Wollheim sostiene che il significato di un dipinto é legato al riconoscimento individuale dell'intenzione dell'artista, Bryson invece dal riconoscimento sociale del segno, il materialismo di Bryson non ci dice cosa significhi essere colpiti da un dipinto, non é interessato nella nostra psicologia, nel suo schema abbiamo una visione distaccata e priva di esperienza dell'opera d'arte.
La linea generale dell' argomento di Wollheim é che i dipinti sono prodotti da un artista, che le sue azioni sono intenzionali secondo alcune descrizioni, che la loro spiegazione implica l'intenzione dell'artista e quindi per comprendere un'opera d'arte dobbiamo comprendere l'azione dell'artista in termini dell'intenzione che lo ha causato. Sembra plausibile mettere in relazione alcune parti di un'immagine con l'intenzione dell'artista crei una differenza nell'interpretazione dell'immagine più o meno nello stesso modo in cui ciò che una persona intende con un'azione crea una differenza morale nella nostra valutazione di quell'azione.
Tuttavia la spiegazione del significato di Wollheim non può spiegare tutti i casi di generazione di significato pittorico. Che dire delle miriadi di interpretazioni che coesistono? Interpretazioni secondo il marxismo, la semiotica e cosi via. In queste circostanze può non sembrare affatto consigliabile usare la parola “significato” quando si parla di pittura. Il termine "significato" usato in questo contesto crea molta confusione. La sua qualità sconcertante deriva dal fatto che é impiegato in modo diverso in altri contesti. Qual'é il significato di questa parola? Sembra simile e sembra lo stesso tipo di domanda. Ma sotto la somiglianza dell'apparenza, il significato (riferimento) della parola "significato" é cambiato o é svanito nel nulla. Tuttavia, se si vuole usare questa parola quando si parla di pittura, sarei d'accordo con la visione di Wollheim secondo cui un'opera d'arte significa per noi qualunque effetto evoca in noi come spettatori guardando la superficie di un dipinto. Man mano che acquisiamo maggiore familiarità con l'opera d'arte, gli effetti che essa evoca in noi cambiano gradualmente, ma in quel caso cambia gradualmente anche il suo significato per noi. Il cambiamento dovrebbe essere un graduale “riavvicinamento” al significato inteso dall'artista. Se il suo significato non concorda più con ciò che l'artista intendeva, allora si può dire che il dipinto ha un "significato", il dipinto significa qualcosa per noi.
Tuttavia i problemi rimangono. Wollheim sostiene l'interpretazione dei dipinti sulla base di ciò che si vede, si sente e si pensa. Ma pur avendo la giusta sensibilità e informazione, come si può essere certi che l'esperienza sia corretta? Come si può dire che questa esperienza fornisca allo spettatore una visione adeguata degli scopi e delle intenzioni raggiunte dall'artista? Wollheim risponderebbe che la pittura come arte non sarebbe continuata se gli artisti non avessero avuto un certo successo nel trasmettere ciò che desideravano trasmettere, senza questo sarebbe scomparsa.
L’argomento più forte é che la pittura é sopravvissuta come un’attività che ha un significato e rivendica intelligibilità per la sua produzione. Questo presuppone che se la pittura ha continuato a essere ammirata, praticata e valorizzata nel corso dei secoli e nelle diverse società é perché condividiamo una natura umana comune . Se in ogni società la natura umana fosse una costruzione di quella società, la pittura non sarebbe rimasta intelligibile attraverso i secoli.
Il problema con la versione dell'Intenzionalismo di Wollheim é che ritiene che il significato sia assoluto, e se usiamo il significato in senso ampio allora dobbiamo riconoscere che solo abbandonando questo modello é possibile utilizzare un certo numero di teorie diverse per arrivare alle varie spiegazioni di un dipinto. Anche la teoria più corretta potrebbe non far emergere le migliori intuizioni che noi abbiamo della pittura. Non sappiamo, e fino a un certo punto dovremmo avere dubbi, su dove si esauriscono i nostri concetti di vedere e conoscere un dipinto e dove iniziano i nostri desideri formati nella nostra forma di vita biologica e culturale.
E sbagliato pensare che un dipinto non possa esprimere un'emozione o un sentimento a meno che quell'emozione o sentimento non possa essere colto nel linguaggio. Non si tratta di criticare l’uso del linguaggio ma di riconoscerne i limiti.
© 2024 Luigi Vanzan